Tratto da Iqbal: Poet-Philosopher of Pakistan, Hafeez Malik (ed.), Iqbal Academy of Pakistan, Lahore 2005, 56-65.
Iqbal: mio padre
Javid Iqbal
Un anno o poco prima che io nascessi, mio padre visitò la tomba dello Sheikh Ahmad Sarhindi, conosciuto anche con il nome di Mujaddid Alf Thani. Questo sufi, vissuto nel sedicesimo secolo, che denunciò la concezione del Wahdat al-Wujūd di Ibn al’Arabi e criticò la politica religiosa dell’Imperatore Akbar, è considerato uno dei fondatori della coscienza nazionale musulmana in India. Alla sua tomba mio padre pregò per un figlio che potesse crescere in accordo con i suoi stessi ideali religiosi e morali. Se Dio gli avesse dato un figlio, mio padre promise al santo che un giorno lo avrebbe portato a visitare la tomba.
Le sue preghiere furono ascoltate e nell’estate del 1934, quando ebbi raggiunto una certa età, mi condusse a Sarhind. Ricordo ancora la nostra visita al monumento funebre di Shaikh Ahmad, perché rimase vividamente impressa nella mia mente. Mio padre mi condusse all’interno del monumento, si sedette vicino alla tomba del santo e iniziò a recitare il Corano. L’oscurità mi spaventava ed ero terrificato dalla vista della tomba, anche se mi sentivo in qualche modo in sintonia con ciò che mi circondava. Guardavo mio padre, mentre recitava il Corano. La sua triste voce vibrava attraverso la scura volta
del mausoleo e le lacrime gli scendevano sulle guance.
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