La dimensione umana e trascendente della preghiera islamica

Attraverso una meditazione sulla natura della preghiera islamica, ossia analizzandone in profondità il significato è possibile anche riflettere sulla concezione coranica dell’essere umano, sulla sua finitezza, temporalità e status di ente creato.
Nel versetto 14 della sura 20 è scritto: “In verità Io sono Allah: non c’è Altro dio all’infuori di Me. AdoraMi ed esegui l’orazione per ricordarti di Me”.
L’espressione italiana “eseguire l’orazione” traduce quella araba “Iqamat salat”, che etimologicamente significa “stabilire una relazione in modo stabile e duraturo”. Secondo l’insegnamento coranico la relazione tra uomo e Dio si stabilisce e si consolida proprio attraverso la salat, il cui significato non si esaurisce nella recitazione di determinati versetti coranici accompagnati dai movimenti del corpo, ma può essere considerato un vero e proprio atto dinamico che pone il credente in un rapporto diretto con Dio aprendolo all’eternità nel mezzo della temporalità della propria esistenza terrena.
Per poter arrivare a comprendere però il valore ultimo della preghiera all’interno della vita del credente dobbiamo far riferimento a quei versetti che descrivono la cadute di Adamo (quindi di tutta la specie umana) dalla condizione paradisiaca. In questo contesto non ci interessa descrivere minuziosamente l’episodio, ma è importante sottolineare che l’atto di disubbidienza di Adamo venne accolto da Dio con il perdono e, quindi, la collocazione della specie umana nell’ambiente terrestre non deve considerarsi una punizione, ma una conseguenza necessaria legata alla natura stessa della creatura umana.
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The Spiritual and Medical Benefits of Islamic Prayer

For the believer, who submits voluntary to the divine will and accepts Prophet Muhammad (pbuh) as the last messenger of the Almighty, the performance of the five daily prayers constitutes a solemn duty towards God, as the following verse of the Quran says: “Prayers are enjoined on Believers at stated times”.




Tratto da Iqbal: Poet-Philosopher of Pakistan, Hafeez Malik (ed.), Iqbal Academy of Pakistan,  Lahore 2005, 56-65.

                                           Iqbal: mio padre
                                               Javid Iqbal


   Un anno o poco prima che io nascessi, mio padre visitò la tomba dello Sheikh Ahmad  Sarhindi, conosciuto anche con il nome di Mujaddid Alf Thani. Questo sufi, vissuto nel  sedicesimo secolo, che denunciò  la concezione del Wahdat al-Wujūd di  Ibn al’Arabi e  criticò  la politica religiosa dell’Imperatore Akbar, è considerato uno dei fondatori della  coscienza nazionale musulmana  in India. Alla sua tomba mio padre pregò per un figlio  che  potesse  crescere  in  accordo  con  i  suoi  stessi  ideali  religiosi  e morali.  Se Dio  gli  avesse  dato  un  figlio, mio  padre  promise  al  santo  che  un  giorno  lo  avrebbe  portato  a visitare la tomba.
   Le  sue preghiere  furono ascoltate e nell’estate del 1934, quando ebbi  raggiunto una  certa età, mi condusse a Sarhind. Ricordo ancora la nostra visita al monumento funebre  di Shaikh Ahmad, perché rimase vividamente  impressa nella mia mente. Mio padre mi  condusse  all’interno  del monumento,  si  sedette  vicino  alla  tomba  del  santo  e  iniziò  a  recitare  il Corano. L’oscurità mi  spaventava  ed ero  terrificato dalla  vista della  tomba,  anche se mi sentivo  in qualche modo  in sintonia con ciò che mi circondava. Guardavo  mio padre, mentre recitava il Corano. La sua triste voce vibrava attraverso la scura volta
del mausoleo e le lacrime gli scendevano sulle guance.
                                                               

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The Distortions of the History of Islam and the Orientalist Discourse

One of the significant events in the history of the world, which still baffles historians and the other students of the growth of human civilisation, is the rapid spread of Islam in its early history, without any historical parallel, before or after. Within a century after the death of the Prophet Muhammad (peace be upon him), Islam, which was still confined more or less to the Arabian Peninsula at his death, established an empire that stretched from the distant Spain to the boarders of China. As Islam advanced, kingdom after kingdom collapsed and became part of the nascent, but strong Muslim Empire. At another level, countless number of communities also embraced Islam. Obviously historians and philosophers needed an explanation to unlock this phenomenal advancement of religion, both at religious and political levels, whose original bearers were disorganised Bedouins and small town people of Arabia, who were until the emergence of Islam at each other’s throats. However, unfortunately, an influential approach to scholarship called Orientalism, that still shapes the Western approach to Islam and Muslims, explains this in terms of Islam’s violent subjugation of the conquered people.
To put in the classical Orientalist parlance, Islam offered only two choices, either the sword or conversion to non-Muslims, and the Orientalists, looking retrospectively from this binary world-view, one of the verses of the Quran, which talks about a specific historical context existed in the light of the complicated situation between the Arab pagans and early Muslim, described it as the verse of the sword.








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