La dimensione umana e trascendente della preghiera islamica

Attraverso una meditazione sulla natura della preghiera islamica, ossia analizzandone in profondità il significato è possibile anche riflettere sulla concezione coranica dell’essere umano, sulla sua finitezza, temporalità e status di ente creato.
Nel versetto 14 della sura 20 è scritto: “In verità Io sono Allah: non c’è Altro dio all’infuori di Me. AdoraMi ed esegui l’orazione per ricordarti di Me”.
L’espressione italiana “eseguire l’orazione” traduce quella araba “Iqamat salat”, che etimologicamente significa “stabilire una relazione in modo stabile e duraturo”. Secondo l’insegnamento coranico la relazione tra uomo e Dio si stabilisce e si consolida proprio attraverso la salat, il cui significato non si esaurisce nella recitazione di determinati versetti coranici accompagnati dai movimenti del corpo, ma può essere considerato un vero e proprio atto dinamico che pone il credente in un rapporto diretto con Dio aprendolo all’eternità nel mezzo della temporalità della propria esistenza terrena.
Per poter arrivare a comprendere però il valore ultimo della preghiera all’interno della vita del credente dobbiamo far riferimento a quei versetti che descrivono la cadute di Adamo (quindi di tutta la specie umana) dalla condizione paradisiaca. In questo contesto non ci interessa descrivere minuziosamente l’episodio, ma è importante sottolineare che l’atto di disubbidienza di Adamo venne accolto da Dio con il perdono e, quindi, la collocazione della specie umana nell’ambiente terrestre non deve considerarsi una punizione, ma una conseguenza necessaria legata alla natura stessa della creatura umana.

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